L’Antropologia e Criminologia

L’antropologia e criminologia sono due parole correlate tra loro.

La base degli studi sul crimine hanno avuto inizio dal analisi delle razze. La paternità di questo metodo di studio è da attribuire a Cesare Lombroso ma non fu il solo, lo seguì anche Alfredo Niceforo. Il tutto si basava sugli studi di Charles Darwin, in particolare sulla “Teoria dell’evoluzione” che giustificava il fattore criminale come istinto primordiale causato dall’arresto dell’ontogenesi.

Più che teorie sulle “razze”, quelle di Lombroso sembrano teorie “razziste”, che il medico adattò al contesto socio-culturale dell’800 ed in particolare al Sud Italia. Non a caso, scrisse pagine e pagine sui briganti e sul perché essi delinquono – “Lombroso e il brigante”.

Durante i suoi studi, fu colpito dalla forma del cranio del brigante Villella, poi rivelatosi una bufala poiché in realtà apparteneva al Signor Villella che brigante non era, si trattava di un uomo che aveva rubato “cinque ricotte, una forma di cacio, due pani…e due capretti”. Si trattò di un povero malcapitato nello studio del medico torinese. Nel novembre del 1872, infatti, Lombroso sottopose ad autopsia il cadavere di Giuseppe Villella. Dall’esame autoptico il medico torinese rilevò una anomalia nella struttura cranica, una concavità a fondo liscio localizzata nella zona dell’occipite, la cosiddetta fossetta occipitale interna. La scoperta della fossetta convinse Lombroso che l’anomalia non era riscontrabile negli individui “normali”, ma solo nel cranio di pazzi e criminali ed era la “prova” che delinquenti si nasce.

Pazzi, delinquenti, selvaggi, ominidi e specie estinte, comportamenti devianti, criminali o psichiatrici hanno un’unica causa atavica, un istinto primordiale difficile da domare.

All’epoca la normativa vigente era basata sulla scienza lombrosiana, infatti secondo la legge Pica, per essere qualificato brigante e trasferito automaticamente nelle carceri settentrionali, bastava essere parente di briganti o essere trovato armato in un gruppo di tre persone. Norma che appare “razzista” perché mette in evidenza la familiarità criminale come un etichetta. Lombroso per l’epoca fu un medico eccellente dato che portò avanti diversi studi che tutt’oggi sono oggetto di contese in ambito penale e medico, si pensi alla sua incompiuta ricerca sul gene criminale che da secoli tanti scienziati cercano di scoprire.

Alle teorie lombrosiane, si oppose in maniera categorica Napoleone Colajanni (1847-1921). Medico, sociologo, politico e criminologo Ennese – all’epoca Castrogiovanni – criticò aspramente le teorie di Lombroso, affermando che il motivo del delinquere poteva essere rintracciato in altri fattori, da quelli ambientali a quelli socio-economici e, proprio su questi ultimi, incentrò i propri studi.

Nel 1898, lo studioso siciliano pubblicò un opuscolo dal titolo “Per la razza maledetta”, con il quale intese confutare quelle teorie che riteneva razziste. Per Colajanni, non vi erano dubbi, il perché della delinquenza non era questione di atavismo bensì era da ricercare all’interno del contesto sociale.

Per maggiori approfondimenti sul tema si veda : “Dissertazioni criminologiche nell’Italia pre e post unitaria”
Autori Vincenzo Lusa – Beatrice Pecora, Key Editore, 2015.

© Riproduzione riservata

Prof. Napoleone Colajanni

D.ssa Beatrice Pecora